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Dall’inserto allegato a Trek N°44 ( luglio 2003)

8 giugno 2003

Gole di Ricigliano guarda le foto dell'escursione

Dove osano le aquile

Risvegliarsi la mattina: è una bella sensazione.

E’ bello anche se non riesco a contare i dolori sparsi su tutto il corpo. Ho ancora un po’ di bruciore sulle gambe, dovuto al bagnoschiuma che stanotte si è infilato nei tagli e nei raschi.

E’ stato in quel momento che ho cominciato a ricordare…

Mi è passato davanti agli occhi un film che avevo già visto; no, l’avevo vissuto.

All’inizio erano gli sfottò, gli schizzi di acqua, l’emozione del volo di un’aquila appena sopra le nostre teste, il lungo avvistamento di una volpe, le scarpe di Vito che si aprono come due cozze sul fuoco, noi che ci addentriamo sempre di più fra gole strette e strapiombanti nuotando nell’acqua torbida per il fango…

All’improvviso il rombo di un tuono, il saettare di un fulmine, il colore sempre più cupo, la pioggia (tanta, tantissima) e la grandine.

La tensione si può toccare, ma l’attesa e la ricerca di una via di fuga prendono il sopravvento mentre il Torrente Platano si ingrossa a vista d’occhio; forse, dietro quella curva…

Una tempesta di idee alla ricerca della migliore soluzione: risalire a nuoto l’ultimissimo tratto ? No, è impossibile ! Ridiscendere il fiume facendoci trasportare dalla corrente?  E’ fattibile, ma sarebbero altre due ore a mollo nelle grinfie di quell’acqua tumultuosa.  Tentare la risalita di un canalone di frana, pieno di fango?  Sì, è l’unica. E se non riesce potremmo trovare il modo di passare la notte e di rinviare tutto alla mattina seguente.

Quel canalone è l’ultimo sforzo; nella terra e nel fango, con le unghie e con i denti!

E’ fatta ; tutto ciò che viene dopo ( e che in altri momenti sarebbe stato considerato un guaio ) è solo un piccolo, insignificante contrattempo.

E’ tardi, ma troviamo il tempo, la voglia e le forze per sederci attorno ad un tavolo della prima pizzeria incontrata e esorcizzare insieme questa esperienza.

Questa giornata mi ha insegnato molto e non sarà possibile dimenticarla.

Una cosa è certa: qualora (malauguratamente) dovessi trovarmi ancora in una situazione simile, vorrei avere con  me un gruppo che abbia già dato dimostrazione di coraggio, adattamento, sopportazione. Un gruppo pronto, senza alcuna incertezza, con la voglia di scherzare anche in quei momenti…

Vorrei avere accanto a me : Carmela e (in puro ordine alfabetico) Carlo, Daniele, Eva, Francesca e Francesca, Gabriella, Gianni, Michele, Stefano, Rocco e Rocco, Vito.

E adesso l’ultimo sforzo: cosa c’è in calendario per domenica prossima ?    

 

 Corrado Palumbo

 

Evviva il CAT

Nel momento del periglio, si dice, viene fuori il carattere delle persone: e questo assunto si è puntualmente realizzato nell’ultima nostra escursione, quando, nel protrarsi di una situazione di difficoltà, ogni partecipante ha fatto la sua parte (e oltre) , dimostrando, se ce ne fosse bisogno, che lo spirito di squadra non è una velleità o una esagerazione.

Evviva il CAT.

 

Rocco La viola

 

 

 

 

Gole e Scarponi

Che le Gole di Ricigliano fossero un escursione un po’ alla Indiana Jones me lo avevano detto. Che la finzione cinematografica dovesse diventare realtà, fino a superare l’immaginazione, invece no.

      Il drappello di baldi escursionisti parte di buon mattino e raggiunge l’ameno torrente che sappiamo di dover risalire, a tratti anche nuotando, poiché l’acqua è alta. L’acqua della gola è trasparente, la vegetazione ai margini lussureggiante, il luogo è una specie di paradiso terrestre; al massimo… qualche innocua biscia d’acqua. Siamo attrezzati: canotto per gli zaini, caschetti (non si sa mai), espedienti vari anti-umido a base di buste di plastica, sacche stagne e … sole splendente.

     Dopo il breve tratto che scende verso il torrente… sorpresa…: l’acqua non è limpida e cristallina ma marroncina al punto da impedire la vista del fondo. Meno male, penso, almeno, se non vedrò dove metto i piedi, non vedrò neanche le bisce. Ci deve essere una frana a monte che sporca l’acqua in questo modo… pazienza. Quando l’avremo superata, l’acqua tornerà pulita. Sul principio, due scuole di pensiero a confronto: meglio gli scarponi o i sandali allacciati, meglio il costume da bagno, calzoni corti o lunghi? C’è una certa varietà di scelte nel gruppetto, eccetto che sulle calzature. Con i sandali resteranno dapprima in tre, alla fine un pollo soltanto (non avendo alternative al contrario degli alti due): la sottoscritta.

     Cominciamo: risate, battute, canzoncine, sfottò, ora a mollo ora all’asciutto. C’è da nuotare e da scalare piccoli agglomerati di massi … mantienimi che ti mantengo …piano, attenzione, passiamo per di qui. Andiamo avanti nel paradiso terrestre in compagnia delle poiane, di un’aquila, di una timida volpe.

     Il cielo però si è chiuso, lassù in alto, sopra le nostre teste a mollo nella gola. Dapprima qualche goccia, poi un diluvio, infine una grandinata vera e propria … meno male, ci sono i caschi (mai essi videro un uso più improprio!). Non dobbiamo fermarci, altrimenti ci viene freddo, dobbiamo andare avanti più in fretta possibile per uscire di lì, tornare indietro sarebbe più lungo che andare avanti. Muoviamoci, il torrente può ingrossarsi con la pioggia, può crescere l’intensità della corrente che dobbiamo risalire…c’è ancora da nuotare prima che il torrente si allarghi e si possa prendere il sentiero ai margini, quello che conduce alla strada.

     Indiana Jones, il Vietnam, gli sport estremi…hanno un loro fascino quando ne senti parlare. Noi li abbiamo vissuti tutti … dentro e fuori dall’acqua continuamente, tanto da non sapere più cosa fosse meglio: la fatica del nuotare contro corrente nell’acqua limacciosa, arrampicarsi nel fango delle rive, driblare rovi e insetti, rischiare contusioni tra le pietre invisibili del torrente. E poi… inzuppati, affamati, stanchi al punto da non accorgersene nemmeno più, perplessi anche i più esperti. Solo qualche attimo di sconforto qui e lì; inutile qualunque tentativo di proteggersi o scaldarsi un po’, sotto la pioggia che continua a scrosciare senza tregua. Possiamo stare solo appiccicati durante le soste necessarie a ricompattarci o, nell’attesa, frizionarci l’un l’altro le schiene e gli arti fradici e stanchi. Ci si tira su a vicenda, ci si conforta chi può, come può.

     Passsano così diverse, interminabili ore fino al capolinea: le fondamenta di un ponte ferroviario. Ci fermiamo sul ciglio scosceso e fangoso e contempliamo seriamente preoccupati e sconcertati le pareti rocciose da un lato e dall’altro del torrente, ormai quasi fiume, le sue acque fangose e la sua corrente che si è fatta davvero consistente. Un attimo, e Michele, con una fune, è in acqua. Va a cercare una possibilità di risalita dall’altra parte del ponte. Sta tornando sconfitto…la corrente è troppo forte. Parte Daniele, lo raggiunge. Attimi interminabili per noi lì sul ciglio, sotto la pioggia e senza nessuna forza di tornare di nuovo nell’acqua limacciosa.  I due confabulano, attraversano il fiume, armeggiano con la fune…alla fine ci chiamano: tutti in acqua, ancora uno sforzo, possiamo risalire il pendio, aggirare il ponte e la parete rocciosa. Attaccati alla fune, uno dopo l’altro, attraversiamo il fiume due volte, prima in un senso e poi nell’altro e raggiungiamo l’ultima, dannatissima sponda. Ma non è finita: sopra di noi una scoscesissima boscaglia. Il gruppo è fermo di nuovo. Attende Carlo e Rocco che vanno in avanscoperta e, alla fine, ad ancorare di nuovo da qualche parte la fune. Nell’attesa, spuntano un po’ di cioccolata, brandelli di panino e completini molto sexy fatti di buste per l’immondizia: una casacca, un prendisole. Poi, l’ultima fatica: il pendio scivoloso con le mani nella terra, il fango sulla faccia, le ortiche sulle gambe e sulle braccia e, infine, il piccolo pianoro, le case, la strada e un ora e mezza in una stazioncina ferroviaria in attesa degli autisti, molti in costume da bagno, senza potersi cambiare , mentre arriva la sera. Infatti, l’auto che contiene tutta la nostra roba asciutta resta irrimediabilmente chiusa per una banale dimenticanza, a beneficio dei quattro (dico quattro) abitanti del luogo e dei passeggeri del TEE che, incredibilmente, ferma proprio lì. E’ l’ultima barzelletta della giornata.

     Appena rassettati, corre l’obbligo di gratificarci. Ci fiondiamo nella prima pizzeria che incontriamo sulla strada del ritorno e, intorno ad un tavolo, con le facce distrutte, recitiamo il nostro privato spot pubblicitario su quanto è bello bere l’amaro dopo…al caldo…a casa.

     Siamo stati fortunati, lì alle Gole di Ricigliano, fortunati e…bravi. Non posso fare a meno di pensare che le lamentele per questo o per quello, i mille fastidi, le intemperanze o le critiche di quando si partecipa alle escursioni o alle gite, sono nulla rispetto a quello che rimane dopo una giornata come quella che ho vissuto.

     Nessuno di noi ha mai pensato che fosse colpa di qualcuno trovarsi in condizioni se non estreme, perlomeno molto difficili; nessuno si è lasciato andare al freddo e alla fatica, ma tutti hanno tirato fuori il meglio di sé, tutti hanno contribuito a generare la coesione del gruppo, a scambiare e a prestare la solidarietà, la tenacia, la pazienza e, perché no, anche la forza e il coraggio.

     Io, oggi, con le ossa a pezzi e più tollerante del solito verso il caldo cittadino, mi sento soltanto di dire grazie, grazie a me che ho resistito con le ciabatte di plastica e grazie a tutti i miei compagni d’avventura per essere stati semplicemente meravigliosi, con le loro facce sporche e gli occhi stanchi.

     Un’unica cosa non mi sento invece di accettare: le due scuole di pensiero sulle scarpe. Ho deciso: nei torrenti si va sempre e solo con i pantaloni lunghi e con gli scarponi. Delle ciabatte non ne voglio sentire parlare mai più.

 

 

Gabriella Liguori

 

Grazie Platano

Una gola bellissima, inaspettatamente selvaggia nonostante la prossimità a tanti centri abitati ed industriali.

L'incontro, ravvicinato e ripetuto, con la maestosità dell'aquila e la destrezza della volpe.

La benevolenza di madre natura, che si è manifestata con un'intensità tale da ribadire la sua affascinante superiorità senza però schiacciarci.

Le nostre capacità recondite, che ci hanno permesso di risalire un "canalone di fango" che mai avremmo pensato di affrontare.

Grazie Platano, a presto!

 

Michele De Santis

 

Io speriamo che me la cavo

Gli ingredienti ci sono tutti per un nuovo Film solo che questa volta non si tratta di una scolaresca indisciplinata che lotta fra libri e banchi di scuola ma di un gruppo di 14 bambinoni che gioca a sfidare la natura fra grandine, lampi, tuoni e…

Ma cominciamo dall’inizio.

Tutto comincia Domenica 8 Giugno quando alle ore 10.30 ca. arriviamo alla Stazione Ferroviaria di Bella Muro per lasciare l’auto di Gabriella, in quanto, essendo punto di arrivo dell’escursione, ci servirà per recuperare le altre tre macchine da lasciare alla partenza, e quindi riprendiamo il viaggio per Ricigliano (SA) dove lasceremo le auto per “calarci” nelle Gole del Fiume.

Durante la ripida discesa alle Gole superiamo quattro ragazzini di circa 10 anni, accompagnati da un adulto, che si recano sulle sponde del fiume per qualche ora di divertimento, con i quali scambio qualche battuta sul nostro gruppo e la provenienza (particolari questi non trascurabili).

La discesa dura circa mezz’ora durante la quale noto, con mio stupore, l’abbigliamento di alcuni (peraltro già in difficoltà) alquanto “vacanziero” (qualche esempio??: ciabattinedamareingommamulticolore, cardiobikinimozzafiato, ecc…) fra loro il più “tecnico” risulta Vito il quale, giustamente per non rovinare gli scarponcini ufficiali, si è portato, per usare in acqua, degli scarponcini vecchi ma così vecchi che le suole sono a parte. Avete capito bene, le suole sono talmente a parte che per tenerle insieme agli scarponcini si è opportunamente attrezzato di un rotolo di spago per “avvolgere” ogni scarponcino con la propria suola.

Penserete: “Sicuramente la dotazione tecnica l’avranno negli zaini per utilizzarla al momento opportuno…”. ERRATO!! Perché non solo è l’unica loro attrezzatura ma diversi non hanno neppure lo zaino…?!?!

Ecco perché appena scesi dalle auto c’era qualcuno (Rocco3 ed altri) che “stivava” le proprie cibarie nello stomaco, perché non poteva portarsele dietro.

Più che un gruppo di escursionisti sembriamo reduci del “Gay Pride” di ieri sera.

Comunque arrivati al fiume ognuno di noi ha un caschetto in testa, gentilmente offerto dal CAT, ed un canottino di salvataggio viene “assegnato”, come una sorta di “Trofeo Caronte” (chitemm……), a me, Rocco2 e Stefano.

L’unico che perde un po’ di tempo (2 minuti), per prepararsi all’impresa, sono proprio io in quanto non è facile entrare nel mutino, che mi sono portato, non tanto per l’infilaggio alquanto sofferente sotto un sole cocente ma quanto per far fronte ai diversi sfottò che giungono da ogni luogo. Comunque appena entrati in quell’acqua che qualcuno definisce i “Fanghi di Ricigliano” vi assicuro che è una goduria per tutti.

Finalmente cominciamo a risalire il fiume il quale, fra una nuotata e l’altra, ci propone dei tratti di Gola mozzafiato con rocce strapiombanti ricche non solo di vegetazione ma anche di una fauna insperata. Infatti siamo stati in compagnia oltre che di pesci, rane e serpi d’acqua, anche di poiane, una volpe e persino un’aquila reale (mai vista prima).

Io insieme anche a Rocco2 e Stefano formiamo la retroguardia in quanto ci tocca trainare a nuoto e contro corrente il canottino che, secondo la bella idea di Corrado, all’occorrenza deve fungere da salvataggio per chi avesse difficoltà ma che in realtà sin dall’inizio si è trasformato in “Deposito Attrezzi e Bagagli” per quanti, pur di godersi la bella esperienza, si vogliono disfare di tutto quello che non gli occorre al momento…, tipo zaini, magliette e pantaloncini (perché fa caldo e non si ha neanche lo zaino per stivarli), macchine fotografiche depositate con la raccomandazione di non farle bagnare, bastoncini (quello di Vito andava da poppa a prua), ecc.. ecc… Si può facilmente immaginare la fatica nel trainare  tale zavorra che riesce a risalire lentamente il fiume sempre che, nel frattempo, Carmela o qualche altra malcapitata in bisogno di aiuto non si “aggrappi”, per sorreggersi, ma nello stesso istante viene prontamente redarguita ed allontanata anche a male parole.

Qualcuno (i ciabattisti) comincia subito a contare i raschi e lividi causati dalle scivolate (vedere il gomito “sgarrupato” di Rocco2).

Ma il bello deve ancora arrivare.

Ricordate Eva?? Bè ad appena un terzo del tragitto comincia a dare segni di cedimento psicologico dovuto alla grande quantità nonché mancata “potabilità” delle acque che si stanno affrontando. Prontamente Carlo (ricordate Carlo??) si offre volontario per tornare indietro con lei. Chi non si sarebbe “sacrificato” per soccorrere una gentil donzella in difficoltà?.. Ma ecco che altrettanto prontamente vengono fuori i soliti noti (ometto volutamente di fare nomi per evitare la loro lapidazione) che, dopo aver prontamente e meticolosamente consultato carte, gps, bussola, astri, sfere, ecc…, li assicurano che ormai essendo giunti a metà dell’opera non è consigliabile tornare indietro.

Vito, nel frattempo, approfitta di ogni piccola sosta per rifarsi gli “involtini” ai piedi.

Si riprende, quindi, il “bagnasciuga” mentre fra le rocce strapiombanti cominciano ad echeggiare le prime imprecazioni, tipo: maledettamme… cimuhafattfà… ievnmegh’l’brasciold’mamm… l’cornd’corrado…, le solite cose insomma.

Più avanti, all’incertezza sul proseguire di Eva, si unisce anche la fidanzata di Michele (aimè non ricordo il nome anche perché con lui non si fa a tempo a memorizzarli…), inutile dire che Carlo a maggior ragione è sempre pronto, ma prontamente intervengono, altrettanto a maggior ragione, i soliti noti che confermano, mano sulla Bibbia, che ormai non è il caso perché farebbero più strada di quella che resta.

Nel frattempo Vito si rifà, sempre più frequentemente, gli involtini.

Si riprende il cammino e, mentre penso che ormai sarebbe ora di fermarci per la pausa pranzo, sento un brivido corrermi lungo la schiena. Sarà una serpe??... o un segno premonitore??... niente di tutto questo era soltanto il Signore che all’improvviso fa scomparire il sole frapponendo, tra lo stesso ed il ciglio degli strapiombi, dei nuvoloni neri che corrono all’impazzata come se qualcuno li stesse ramazzando con vigore sulle nostre teste.

Non si ha il tempo di ammirare in tutta la sua bellezza un’aquila reale ed una volpe, probabilmente anche loro sorpresi dal repentino cambiamento, che immediatamente lampi saettanti e tuoni crepitanti preannunciano il contestuale arrivo di una premuta d’acqua così copiosa da non farci differenza se stare dentro o fuori dal fiume.

A questo punto cosa fare??..

-        Ripararci sotto i rari alberi sulle sponde del fiume? … no, troppo pericoloso anche per la notevole quantità di ferro (binari abbandonati) presente.

-        Tentare di arrampicarci come scimmie lungo le pareti per raggiungere la galleria ferroviaria? … e se poi nel frattempo arriva il treno? …meglio di no.

-        Tornare indietro sulle nostre bracciate? … no, siamo già stanchi ed oltretutto manca poco all’uscita dalla Gola.

Pertanto, non essendoci altre vie di fuga, si decide di proseguire sotto una pioggia incessante che presto si solidifica trasformandosi in grandinata-noce la cui violenza viene spenta solo dal caschetto e dall’acqua che ci protegge fino al collo, il tutto contornato dagli incessanti lampi e tuoni che rimbalzano fra le pareti echeggiando come a volerci rimproverare della decisione presa.

Francesca confessa, esternando tutto, di avere una paura innata per i temporali e quindi lampi e tuoni compresi. La soluzione al suo problema è da ricercare molto indietro nel tempo risalendo addirittura alla sua infanzia evidentemente “travagliata” da tali eventi.

Vito prende una decisione storica, … si libera dei suoi vecchi scarponcini perché di intralcio ed ormai stanco di riavvolgerli, per cui decide di abbandonare il “4-pezzi” al suo destino proseguendo scalzo. Ma…, come d’incanto, ecco apparire in suo soccorso un altro paio di ciabattine multicolore, gentilmente offerte da Daniele il quale, giustamente valutate le difficoltà, non le ha indossate preferendo le sue scarpine precisine in tela bianca …alla partenza. Che fortuna!!

Nonostante lo scroscio della pioggia ed i tuoni, fra un rombo e l’altro i più attenti riescono anche a percepire le solite imprecazioni che diventano sempre più oscene (meglio non citarle).

Intanto si avanza con molta più difficoltà anche perché il fiume si ingrossa e di conseguenza aumenta la corrente che ci costringe a tratti a ricorrere all’aiuto della cima per non essere trascinati via nell’attraversamento da sponda a sponda.

Due mani non sono più sufficienti per contare chi si trova in situazione di sofferenza.

Molti battono i denti e tremano per il freddo, alcuni anche per la paura. Mi riesce difficile, inoltre, pensare che tutto quello che vedo scorrere sui loro visi sono solo gocce di pioggia.

Eva ha una crisi isterica e scarica la sua rabbia prendendo a pugni una roccia, … riusciamo a calmarla solo dopo alcune “strofinazioni”, un quadro di cioccolato ed un bel bustone della spazzatura, che, ormai non avendo più nulla da proteggere dall’umidità, opportunamente smanicato ed operato a girogola nasconde, agli occhi di qualcuno, quel bel “cardiobikinimozzafiato” di colore rosso-corrida.

Stiamo appena finendo di “recuperare” Eva quando ci rendiamo conto che nel frattempo “perdiamo” la fidanzata di Michele. Infatti un’altra crisi, di panico questa volta, si impadronisce di lei che irrompe in imprecazioni, sconcitate dal tremore labiale, ed in lacrime dirompenti ci spara una raffica di domande sul da farsi alle quali, purtroppo, nessuno sa dare risposte precise. Anche per lei sono state provvidenziali le solite strofinazioni, oro, incenso, mirra, e… qualche consiglio di conforto sussurrato nell’orecchio.

Nel frattempo il temporale cessa non dimenticandosi di “umidificarci” di tanto in tanto.

Io, protetto dal mutino che riesce a tenermi persino caldo, seguo le concitate esibizioni di Corrado e Michele che sembra quasi amoreggino in acqua alla ricerca di punti di attraversamento che ci permettano di coprire quegli ultimi trecento metri che mancano all’uscita dalla Gola. Ma, poveretti anche loro, poco possono osare di fronte alla furia incalzante delle acque cercando disperatamente appigli anche su quegli stessi massi che un paio di minuti prima erano intorno a loro ma che ora sono affogati insieme alle nostre speranze di proseguire per quel percorso tumultuoso.

Pertanto ci ritroviamo nuovamente a fare il punto della situazione e, per fortuna, dopo aver opportunamente evitato le “scorciatoie” impossibili di Vito, riusciamo a risalire la parete lungo una frana che ci rende subito viscidi, infangati ed ancora martoriati dai sassi che noi stessi ci scarichiamo addosso tirandoci su con una cima che nulla ha ormai del suo colore originario.

EVVIVA, SIAMO FUORI..!!!

Finalmente non dividiamo più nulla con il fiume che vediamo ancora correre in fondo alla gola come se nulla fosse accaduto.

Oltre ad un pallido sole fuori ritroviamo il buon umore, sinonimo di pericolo scampato, che ci unisce sorridenti per una foto.

Il resto, fino alla Stazione di Bella Muro, diventa subito una passeggiata rigenerante per tutti. Si scherza, si ride, si chiedono inutili informazioni a quei pochi pastori e contadini che incontriamo per il puro piacere di contatto con l’esterno.

A questo punto si è fatto tardi per quella che doveva essere una semplice escursione, ma nessuno ci pensa. Ormai siamo felici anche perché mancano pochi metri alla Stazione, anzi si vede già la macchina di Gabriella, ma…. una notizia comincia a serpeggiare fra di noi, che ormai viaggiamo in ordine sparso, facendo rivivere ad alcuni angosce ormai represse. Quando arriva al mio orecchio la mente la archivia fra gli scherzi e risate dell’ultim’ora, forse anche perché si rifiuta di accettarla. Ma, passo dopo passo, sembra volerci buttare sempre più nello sconforto fino quando, giunti all’auto, scopriamo che l’ultimo in effetti non era uno scherzo. Quale??...

Gabriella non ha portato con se le chiavi dell’auto ma le ha lasciate nelle macchine a Ricigliano!!”

A nulla servono tutte le imprecazioni mentali, verbali e gestuali, ormai non ci resta che prendere un’altra decisione.

-   Rifarsi il fiume in discesa??.. No, manco per sogno.

-   Farsi trenta e passa chilometri per raggiungere le macchine??... No, è troppo tardi e siamo troppo stanchi per contarli.

Per fortuna, nel frattempo, Daniele riesce a convincere con i suoi modi “gentili” l’unica macchina circolante fuori della Stazione, e forse anche in tutto lo sperduto paesino, il quale autista, a sua detta “a titolo di amicizia” (l’amicizia ci è costata 30 euro) si è gentilmente prestato ad accompagnare gli autisti a riprendere le auto a Ricigliano.

Ovviamente, non avendo scelta, approviamo tutti e, dopo la loro partenza, decidiamo tutti di circondare l’unica fontanina presente nella stazione per alleggerirci dei fanghi accumulati in ogni dove.

Di tanto in tanto si salutano gli ignari viaggiatori che, passando in treno, si stupiscono nel vedere che qualcuno gli sventoli calzini, mutande e reggiseni.

Quando ci sistemiamo nelle macchine è ormai buio ma insolitamente, all’unanimità, si decide di fare una sosta in pizzeria per poterci contare ancora una volta intorno ad un tavolo, per guardarci in faccia e scovare negli occhi gli ultimi residui di paura ove ce ne fossero.

Ah… a proposito! Ricordate quell’uomo con i quattro ragazzini che scendeva con noi? Bene, molto saggiamente il tizio, immaginando le nostre difficoltà nel fiume sotto il nubifragio, aveva allertato i Vigili di Ricigliano sulla nostra presenza nella Gola e questi ultimi, resisi conto delle ore che passavano senza che nessuno andava a recuperare le auto parcheggiate e da loro presidiate, a loro volta avevano giustamente allertato la Protezione Civile.

Sono ormai le due di notte quando, dopo una doccia calda, saluto Rosa e mi infilo nel letto. Mancano solo quattro ore e mezza e non avrò scuse da presentare alla sveglia.

Un solo pensiero attraversa la mente prima di addormentarmi…. a quanti di noi, in quella Gola maledetta, mentre si trovava a combattere le forze della natura, non gli sia passato almeno una volta per la mente….

 

“Io speriamo che me la cavo…”

 

 

Gianni Mastrandrea

 

 

Sensazioni in diretta dal Platano

Arriviamo al Platano dopo una breve discesa. Per fortuna è una bella giornata...fa caldo!

Peccato che l’acqua sia torbida, speriamo che più in là ridiventi limpida come lo era lo scorso anno.

Accidenti...com’è brutto camminare nel fiume senza poter vedere il fondale! I numerosi massi mi fanno spesso inciampare...potevo almeno portarmi i bastoncini !

Siamo oramai a metà percorso, il cielo si è all’improvviso annuvolato… tornare indietro o andare avanti ?

La distanza è la stessa, ci dicono; un certo spirito d’avventura mi fa propendere per il proseguimento. Dopo una breve consultazione tra Corrado e gli altri uomini “tosti” del gruppo, si decide di continuare. Arrivano i primi goccioloni ...e la grandine. Caspita che acquazzone !

Tuoni e fulmini ci accompagnano lungo il percorso. Noto numerosi pezzi di ferro intorno...sopra di noi passa la galleria della ferrovia...un brivido di paura!

Per il momento sento freddo solo quando ci fermiamo, mentre il movimento e “l’adrenalina” mi fanno stare discretamente bene lungo il cammino.

L’acqua deve essersi alzata parecchio e la corrente divenuta più forte. Faccio fatica a nuotare, soprattutto dopo una rovinosa caduta che mi provoca dolori dappertutto. Cerco la mano di Corrado...e l’appiglio del gommone. Non è più il caso di rientrare in acqua, oramai la corrente è diventata troppo forte ed il livello aumentato parecchio. Ci ripariamo lungo l’argine mentre Michele, in avanscoperta, cerca una via di fuga. Mi accorgo che la sofferenza del gruppo è ai limiti; qualcuno perde il controllo. Per il freddo comincio a battere i denti talmente forte da non riuscire a parlare in modo comprensibile. La paura aumenta, ma mi scopro capace di controllarla.

Sento che, comunque, ce la faremo.

E ce l’abbiamo fatta !

Questa volta abbiamo proprio osato troppo! Ma il Platano ci ha risparmiati.

Carmela D’Orazio

 

La dolcezza dell’avventura

Un bel dì quattordici amici in compagnia di un invitante sole, decisero di andare alle Gole di Ripigliano. Festosa fu l’idea, allegro il trasferimento. Allegole, con una giornata tipicamente estiva, ci accoglie il fiume…., un po’ torbido, che forse voleva dirci : “quando venite in escursione, lavate le automobili, altrimenti diventerete così”. Scendiamo per il sentiero ed arriviamo al fiume, lo vediamo minaccioso ed imponente, ma il sorriso e la bellezza delle nostre compagne ci ricorda che siamo titani e quindi...l’avventura comincia. Si gonfia il canotto di trasferimento con una inopportuna pompa (potevamo utilizzare qualcuno di provata abilità a gonfiare ben altro ed in tempi decisamente più bravi). Tutti a mollo alla ricerca delle mitiche bisce di Ripigliano, gelose custodi del fiume e sempre in allerta pronte a punire chi per paura non fa visita al fiume.. Finalmente l’atteso incontro con una biscia di oltre 150 cm. Che ci viene incontro con movimenti sinuosi. Compare e scompare, comincia il gioco; noi la cerchiamo, lei fa capolino e...giù nell’acqua torbida. Ricompare su un masso, guarda i presenti e sembra voler dire: “Dov’è quella piccolina con i capelli bruni, trentennale musa delle mure domestiche ? Io sono qui che l’aspetto e quando arriverà, la morderò”.  Si prosegue; il fiume diventa sempre più minaccioso e c’è un momento d’indecisione: tornare indietro o continuare ? E’ titubante la nostra insegnante di latino; ci invita alla riflessione ma, una forza ci pervade tutti quando la nostra professoressa ci dice: “Vin vi repellere licet” (alla forza è lecito contrapporre la forza). Armati del nostro sorriso si riprende la indimenticabile risalita. Ho sempre venerato le donne, ho letto con partecipazione emotiva quando qualcuno esaltava Beatrice, Laura, Fiammetta (ndr. Non erano escursioniste), ma penso che nessuno abbia mai visto una donna risalire il fiume, camminare tra i masi viscidi e ispidi, inerpicarsi e camminare nel sottobosco con delle semplici calzature da mare e senza emettere mai nessun gemito di dolore.   Se i nostri poeti l’avessero vista, avrebbero riscritto la letteratura.

Il cielo plumbeo, una grandinata improvvisa ed incessante, l’abbassamento della temperatura, le rapide sempre più presenti e minacciose, la forza oramai dispersa in quel fiume di fango, la volontà sempre più esile di farcela, la tensione nervosa al limite; il panico si infiltra nella nostra mente, qualcuno urla, altri piangono, altri imprecano, molti non hanno neanche la forza di parlare. La situazione è drammatica; non si può tornare indietro ed è impossibile andare avanti. Siamo affiancati    da rocce, si comincia a tremare per il freddo per la paura e per la coscienza di non poter avere una via di fuga. Che fare ? Ci si guarda negli occhi, ci si abbraccia per trasferire quel residuo calore corporeo e si legge in ognuno di noi paura, ansia e smarrimento. Ci sono due occhietti che non emettono emozioni, sono sempre vigili ed attenti; è un essere umano, ma  lei sa che non deve mollare. E’ troppo forte per simili debolezze; riesce anche a reprimere i brividi di freddo che oramai serpeggiano indisturbati. E’ un’assistente sociale e anche oggi non ha smesso di lavorare, ci ha assistiti mostrandoci dignità e coraggio. La decisione è presa: si tenta l’unica via di fuga disponibile, qualcuno sale in ricognizione e finalmente si sente un urlo di gioia. Abbiamo trovato il sentiero, possiamo farcela.   

Si racconta tanto e di più sulle aquile; io non voglio aggiungere altro, ma penso che è raro incontrare questo imperiale esemplare in quei posti. I paesaggi li tralascio; la certezza è che quando questo imponente volatile ci è apparso in tutta la sua maestosità, noi abbiamo trovato la via della salvezza, la via del sorriso.                                          

Rocco D’Ursi

 

 

CRETINA ! Ovvero il GOLA PRIDE nell’escursione più CAT-atrofica della mia vita !

Miei adorati CATtini domestici…,

Avete saputo dell’ultima escursione da sballo nelle Gole di Ricigliano, a cui non avete partecipato? Ancora no?

Mi domando quali impegni improrogabili vi hanno tenuto lontani.

Vediamo se indovino…

Avevate, per caso, la lasagna a casa della suocera?

Oppure siete stati coinvolti in un safari casalingo per salvare vostra moglie dall’attacco delle formiche?

O magari, siete stati rapiti dal vostro nuovo telecomando capace di azionare lo sciacquone a distanza?

Ma adesso, dite un po’, non lo vorreste un comodo aggiornamentino da gustarvi in poltrona?

Magari vengo a trovarvi e vi preparo pure un drink, vi va? 

Beh SCORDATEVELO !!!

…e niente domande a qualche CAT-amichetto compiacente!  CAPITO!

Fate una cosa: DIMENTICATEVI dell’ultima escursione da urlo nelle Gole di Ricigliano!!!…che al solo pensiero mi sento ancora tutta … bagnata!

Ed ora passiamo agli ARGONAUTI…

Che escursione ragazzi !!! ma cos’era un film sull’ultimo di Verne?

Per non parlare poi degli effetti speciali… da SGOMENTO!!!

Che effetto quella polverina dispersa nel fiume!  è diventato così marrone da non vederne più il fondo e da sentirci subito immersi in una broda di melma! Che sballo!

E l’idea di “spegnere” il sole così presto: grande!! Faceva tanto Vietnam, freddo Vietnam!!

Sulla pioggia torrenziale, poi, si è toccato il geniale! Era cosi fitta è insistente che gli unici animali fuori tana eravamo noi!       E quegli scrosci di grandine poi… RACCAPRICCIANTE !!

E intanto il fiume, sempre più impetuoso, diventava GROSSO GROSSO GROSSO !!!

Qui ragazzi, si rischia il premio a Cannes !

…e non venite a dirmi che eravamo lì per davvero !!! ….Su dai non scherzate, era solo un FILM, vero ?

No dico: ma, le avete viste le donne della compagnia? Ma proprio tutte…?

Ma si! Dico a voi super maschi caduti in una sorta di smania esplosiva della prestanza fisica! Per carità, tanto di cappello ragazzi…! 

Ma in quella sorta di finimondo cosa diavolo credevate di fare? I sacerdoti del dio: GUARDA-COME-TI-FLETTO-IL-MUSCOLO ?

Santo cielo! Ne avete fatte di tutti i colori! 

Ha cominciato il Rocco-Duro-Come-il-Legno che appena in acqua si è letteralmente strappato la maglietta di dosso (…diiiiio!!) e quando è passato ai cerotti… abbiamo pensato tutti all’integrale !! (e poi dicono di noi donne..!). Anche il Carlo-Grillo-Parlante non è stato da meno: era già nudo ! E poi, cielo, quanto salta! che ogni volta c’era da sperare avesse buona mira … se no sai che DISASTRO all’atterraggio!!

Il Gianni-Uomo-Rana, paludato nella sua tenuta anfibia mozzafiato, era  SFOLGORANTE! Sembrava che sotto il pelo dell’acqua fosse tutta roba sua! …Si ma allora dov’eri, benedetto d’un ragazzo, quando ero attanagliata dalle anguille?

E il Rocco-Testa-Persa-In-Amore …? ASSENTE! …e pensare che ti facevo NORMALE. e invece no! Anche a te piacciono le donne! (CRETINA !!!)

Intanto,  Vito-Predicatore-Dalle-Scarpe-Rotte  con un’espressione fissa da A-ME-STA-GOLA-MI-FA-UN-BAFFO faceva l’eremita…!

Meno male che c’era Indiana Mike! Il nostro eroe, agile e forte, cugino di Spider Man! Che PROTOTIPO ragazzi!!! Roba da spedire una foto alla Marvel! …E poi dicono tanto male della transgenetica!

Capito che ambientino ?… E a noi, povere donne, algide e tremanti…? Neanche uno sguardo!

Abbiamo sfilato dapprima con bichini alla Miami beach, abbiamo anche esagerando con mono-pezzi trash alla Moschino, ci siamo lanciate in urletti gioiosi nuotando accanto a voi fino allo spasimo, ci siamo arrampicate ed impiastricciate, roba che per una beauty farm ci vorrà un mutuo!

Ragazzi..! Vi abbiamo dato le lombari! E voi?

NIENTE!!!

Non volevamo mica i fiori! Ma, non foss’altro per il freddo, due mani ogni tanto potevate pure …buttarcele!

E invece, eravamo li a battere i denti… che dal ticchettio sembrava d’essere nella redazione di un giornale! …ma cosa aspettavate una lesione agli incisivi?!

Per Diana! dovevamo proprio urlarvi addosso per conquistare due abbracci e qualche frizione? TROGLODITI!!!

Si ma questa fortuna non è toccata mica a tutte!!!

Diavolo! Non sono stata toccata da nessuno manco fossi promessa al principe di Galles!

Mi sentivo meno anche di quello stupido canottino porta zaini, abbandonato alla mano pietosa dell’ultimo della fila!!!

Ma gli avrei portati io… purché qualcuno mi pigliasse al guinzaglio!!

Soltanto all’arrivo in paese ho avuto anch’io il mio momento di gloria…è bastato che mi dimenticassi le chiavi dell’unica auto per il trasbordo dei guidatori… che siete diventati un’orda inferocita! Diavolo! Allora è proprio vero che vi piacciono le sensazione FORTI…!

Rocco-Dagli-Occhi-Di-Bragia, addirittura, voleva avventarsi lì per lì ! Ma Rocco! Volevi veramente …sbranarmi in piazza? Davanti a tutti..? (CRETINA!!!).

Per evitare uno scandalo, allora, ho implorato aiuto ad un buon samaritano di passaggio… vedendomi, quel caro, ha subito acconsentito ad accompagnarvi!

Sorta di LANZICHENECCO anche lui!!!  Lo ha fatto soltanto per soldi quel villico!!!

…E di nuovo sole, ad attendervi nude e tremanti per ore in quella stazioncina….e sapeste quanti treni ci hanno violentate!!! Con tutti quegli occhioni sbarrati fuori dai finestrini a perforarci da ogni parte!

Era come sentirsi travolta da un’orda di guardoni assatanati appena usciti da una colonia penale !

Oh! Che escursione ESALTANTE ragazzi !!!

Ancora oggi mi chiedo:

…e se in quel fiume fossi finita nelle fauci di un alligatore, avrei avuto maggior fortuna…?

 

Daniele Quarta

 

 

 

  
 

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